Giocare da uomo by Javier Zanetti

Giocare da uomo by Javier Zanetti

autore:Javier Zanetti [Zanetti, Javier]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852043871
editore: Mondadori


XIV

Il campo fuori dal campo

Le sciarpe di Roberto Mancini mi hanno sempre affascinato. Fino a prima di incontrarlo come allenatore alla Pinetina, nell’estate del 2004, avevo sempre visto le sciarpe arrotolate intorno al collo per proteggersi dal freddo, due, tre volte. Non importava che fossero i ruvidi stracci indossati dalle fruttivendole ambulanti di Dock Sud, il morbido cachemire delle signore in tribuna d’onore allo stadio, o al cinema la sciarpa a strisce colorate del piccolo mago Harry Potter: insomma, per me una sciarpa è una sciarpa, ha un modo d’uso semplice e chiaro.

Finché, durante i suoi anni all’Inter, nei dopo partita d’inverno, il mister Mancini non rese popolare il loop: ripiegare la sciarpa in due su se stessa e poi, zac, con una mossa sola, elegante, scuotendo il ciuffo, stringerla al collo come una cravatta. Tante signore in tribuna sospiravano quando il mister, sorridendo per una vittoria o imprecando per una sconfitta, compiva il suo gesto così chic.

Anche a me piace l’eleganza nel vestire, dal tight grigio che indossavo il giorno del mio matrimonio alle divise di rappresentanza dell’Inter firmate Brooks Brothers (blazer blu e pantaloni chinos beige), ma sono a mio agio pure con le sneakers ai piedi, in tuta e felpa. Mancini affascina invece con il suo modo originale di indossare la sciarpa perché lo stile è importante, e quando personalità e look coincidono il successo è garantito. Mancini non posa da viveur, ha giocato a pallone così come lega al collo la propria sciarpa: un solo movimento di dribbling, poi il passaggio o il tiro, fluido, e l’avversario, stretto dal cachemire morbido della sua falcata, finiva strangolato dalla rete o dall’assist. Elegante e raffinato quando giocava con la maglia di Sampdoria, Lazio e della Nazionale italiana, Mancini arriva all’Inter deciso a cambiare passo dopo le sconfitte, a rompere il muro di cristallo che, dal 1989, tiene i nerazzurri lontani dallo scudetto.

Ad Appiano Gentile ci grida gli schemi – «Accorcia!», «Passa!», «Stringi!», «Allunga!» – in partita, a San Siro e in trasferta, detta i tempi – «Corti, più corti, chiudete ora, ora, dai, dai ripartiamo…» – e sembra che voglia tornare a giocare insieme a noi. L’ho visto palleggiare a bordo campo, e sono certo che se si fosse sfilato la sciarpa color ciclamino dal collo, gettando all’aria mocassini inglesi e abiti attillati, per calzare scarpini, maglia e pantaloncini, il mister non avrebbe per nulla sfigurato: il corpo rallenta, ma il calcio non si dimentica.

Il presidente Moratti aveva disperatamente provato ad avere Roberto Mancini all’Inter come giocatore. Era un asso che il patron nerazzurro non poteva che amare, un talento imprevedibile, con colpi sopraffini, da far venire giù lo stadio. Perfino il suo carattere ombroso, individualista, da primadonna di quella Scala del Calcio che fa da soprannome a San Siro, combaciava alla perfezione con i gusti del presidente. Il mercato e la vita non hanno deciso così, ma alla prima chance, Moratti realizza finalmente il desiderio: anziché incantare i tifosi con le serpentine, Mancini costruirà un’Inter con le



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